La Giuria Letteraria con questa motivazione assegna il premio a Roberto Andò |
12 settembre 2020 - Giuria Letteraria
In quello spazio urbano, permeato dai veleni dell’assassinio e della morte, presidiato e vigilato da una cancrena umana che si è inserita in ogni ganglio, e controlla ubiqua e onnipotente la vita degli altri, collusi o no che siano, si apre solo un luogo di grande umanità e di vera cultura, in quell’inferno, c’è soltanto l’appartamento a Forcella del maestro di piano Gabriele Santoro, raffinato intellettuale, figlio di un filosofo e fratello di un magistrato, a garantire un’accoglienza tanto generosa da apparire ed essere in effetti suicida, e una possibile via di fuga, un riscatto, alla fine. In essa trova rifugio in un istante di tempo, entro un intervallo strano e miracoloso, Ciro, già piccolo delinquente ricercato dal clan, il figlio di una famiglia camorrista che vive nello stesso casamento, governato dal boss di quartiere De Vivo, e vi troverà salvezza. Quindici giorni di vita in comune fra due esseri lontanissimi per ceto e civiltà basteranno alla loro comunione. La qualità della prosa, il ritmo delle sequenze, la netta caratterizzazione dei personaggi, il virtuosismo linguistico dell’italiano che si alterna al dialetto, la profonda poeticità dell’assunto - perdizione e salvezza, misericordia e giustizia - la destrezza coraggiosa dello sguardo, mai convenzionale né curiosamente cronistico sulla realtà ambientale dell’Urbe Partenope, sono tutti elementi che trascendono la vicenda in sé, sollevandola a itinerario e simbolo di salvazione e rinascita, nel cuore di un mondo che sembra non dare scampo. Qui l’accudimento della cultura è accudimento di umanità, amore per un’infanzia rubata, rea e innocente a un tempo, in una città che è, nel suo male e nel suo bene, la protagonista della scena letteraria italiana. |